TESEO: PROMUOVERE IL BENESSERE A SCUOLA...OGGI
TESEO:PROMUOVERE IL BENESSERE A SCUOLA...OGGI
SENTIRSI BENE A SCUOLA
Il nostro progetto non si è fermato…ragazzi e ragazze attivatevi noi ci siamo!
Per riuscire ad apprendere in modo efficace, i ragazzi e le ragazze che frequentano scuole della città devono sentirsi bene.
Cosa intendiamo per sentirsi bene a scuola?
Sentirsi Pensati…sentirsi Accolti…sentirsi Ascoltati, in poche parole essere visti e considerati come una persona e non solo come uno studente.
Ogni persona porta con sé i propri vissuti, le proprie esperienze, le proprie storie fatte di momenti di gioia, di serenità, di difficoltà, di fatiche e non possono essere lasciati fuori dalla porta della scuola.
Quali strumenti sono a disposizione nelle scuole?
Sportello di ascolto offre possibilità di colloqui individuali con lo Psicopedagogista (alunni/e, insegnanti, famiglie).
Laboratori esperienziali per esplorare ed approfondire insieme ai propri compagni le tematiche più sentite (sessualità, bullismo, gestione del conflitto, riconoscimento e gestione delle emozioni).
Percorsi di orientamento formativo per sostenere gli alunni a rischio di abbandono scolastico attraverso esperienze personalizzate in cooperative sociali.
Formazione: per sostenere gli insegnanti e tutte le figure adulte che entrano nella scuola (educatori, psicologi/pedagogisti).
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Conoscere, conoscersi, progettare il futuro
Conoscere, conoscersi,progettare il futuro
ESSERE INSEGNANTI OGGI
Cosa farò da grande?
Qual è la scuola giusta per me?
Mi iscrivo all’Università?
Ci sono ancora mestieri da maschi e mestieri da femmine?
Trovare la propria strada non è facile, ma è un’occasione straordinaria per imparare a conoscersi e a conoscere il mondo. ORIENTAMENTE sostiene i ragazzi, le famiglie e gli insegnanti lungo questo viaggio, attraverso tante iniziative di orientamento, per aiutarli a progettare il loro futuro
Ma c’è poi così tanta differenza?
Ma c’è poi così tanta differenza?
ESSERE INSEGNANTI OGGI
La prima settimana, quando ancora non ci eravamo ben resi conto della gravità di quanto stava accadendo, ammettiamolo, ci è apparsa come un dono dal cielo quella inaspettata settimana di stop.
Mi è parso di sentirle le urla di giubilo dei miei studenti e quasi di vederli con quegli occhietti vispi e ridenti che pensavano alla verifica del martedì saltata, all’interrogazione del mercoledì finita sotto l’uscio, alla consegna del venerdì che… marameo!
Ma ammettiamolo: alla notizia, anche noi proff abbiamo alzato gli occhi al cielo in segno di ringraziamento, che una settimana di stop quando le vacanze di Pasqua sembrano ancora un miraggio lontanissimo è come un’oasi rigogliosa in un deserto insidioso fatto di prove Invalsi, consigli di classe, riunioni di dipartimento, colloqui, uscite, soldi da raccogliere, corsi di formazione…
Eh già… Euforia alla notizia la domenica pomeriggio, a letto tardi la domenica sera che tanto l’indomani si poteva dormire un po’ di più, colazione con calma il lunedì mattina…
E adesso? Oddio, adesso?
Si perché noi proff, anche quando cominciano le vacanze, i primi giorni ci giriamo sempre un po’ intorno spaesati, ci aspettiamo che da un momento all’altro qualcuno ci chieda di andare in bagno o ci chieda di spiegargli ancora una volta il complemento predicativo (scoglio insormontabile di molte carriere scolastiche). Quindi figuriamoci come si sono sentiti spaesati molti prof in un lunedì senza scuola, ma che vacanza non era.
Ci mancava qualcosa, vero? Non ci crederete, lo so, ma già il lunedì qualcosa non ci finiva, non quadrava, qualcosa mancava…
Non gli alunni, un giorno è troppo poco per sentirne la mancanza…
Non la collega iperattiva che cerchi di evitare per i corridoi perché le devi dare una risposta per chissà quale progetto, anche perché quel genere di collega ha il tuo numero di telefono e all’occorrenza ti viene a citofonare, per cui non fai veramente in tempo a sentirne la mancanza…
Non la campanella, che è uno strumento infernale, messo lì per ricordarti ogni giorno che non sai ancora organizzarti…
Non le collaboratrici (unica vera categoria temibile a scuola) che hanno sempre un validissimo motivo per sgridarti…
Non il distributore del caffè, che ogni mattina cerchi di raggiungere senza riuscirci mai, perché gli alunni, la collega, la campanella, la collaboratrice…
Io non lo so cosa ci mancasse, cosa non ci facesse sentire a posto, ma penso che fossero un po’ tutte queste cose messe insieme: le persone, le voci, le parole, gli sguardi, i suoni, i rumori, forse addirittura gli odori (e quando dico odori solo un docente che entra in un’aula all’ultima ora sa davvero di cosa sto parlando).
Ma tranquilli, non abbiamo fatto in tempo ad abbandonarci a romantiche malinconie che subito otto nuovi gruppi chat strapieni di proff, spuntati come funghi dopo una notte di pioggia, ci hanno subito riportato alla realtà. Gruppi eterogenei e scoppiettanti che, tra un meme e una faccina, erano accomunati dalla stessa idea di fondo: staremo mica qui a rigirarci i pollici? E così, in prima linea i colleghi più tecnologici, novelli pionieri, seguiti a ruota da quelli volenterosi, hanno cominciato a setacciare le mille possibilità del web per andare a stanare i nostri poveri alunni fin nelle loro case, nelle loro camerette, proprio dove pensavano ormai di essere al sicuro!
Nel caso qualcuno si chiedesse ancora perché gli alunni odiano i proff…
Quanto è passato da allora? Un mese? Forse anche un po’ di più, non li conto i giorni e le settimane, forse l’ho fatto all’inizio, ma adesso mi sembra non abbia più senso: la didattica a distanza, che doveva tappare un buco, ora è la routine e lo sarà, con tutta probabilità, fino a giugno. Solo che, scusi cara Ministra, non avreste dovuto cominciare a dirlo già adesso che non ci saranno gli esami a giugno, perché noi ora come li spaventiamo i nostri studenti? A cosa ci appelleremo noi poveri proff da adesso in poi per le nostre terribili minacce??!! Ci dovremo ridurre a dire che se non studiano Santa Lucia porterà loro solo del carbone? Che Babbo Natale rimanderà al mittente le letterine. Io ci ho provato per la verità (incurante che qualche alunno di terza abbia già quasi la barba), ma niente da fare, niente terrorizza di più un esame scolastico! Ed è proprio perché l’esame fa così paura che mi dispiace che i miei alunni se lo perdano, perché non proveranno l’elettrica leggerezza dell’appena dopo, del tutto finito, della corsa a mettersi il costume per volare in piscina.
Già forse se lo perderanno. E ce lo perderemo anche noi. Che non so se lo sanno gli alunni che ogni volta a giugno gli esami li ridiamo insieme a loro, forse abbiamo meno paura, ma le soddisfazioni, beh quelle, sono impagabili e le condividiamo.
E così, tra una riflessione semiseria e l’altra, mi sono chiesta se poi davvero questa didattica a distanza è così diversa dalla didattica vicina-vicina.
Ovvio che è diversa. Lo dicevo poco fa: gli alunni, le colleghe, la campanella, le collaboratrici, i rumori… Ma anche la porta che non sta chiusa, la finestra bloccata quando in classe ci sono trenta gradi, la LIM che funziona a intermittenza, la sedia senza bracciolo, la fotocopiatrice che si inceppa, la graffatrice introvabile… Perché a noi proff piacciono le emozioni forti, lo avrete capito.
Però la didattica a distanza ci regala chicche fantastiche.
Intanto, non so se voi lo avete notato, ma quando entri in video-lezione e li trovi già tutti collegati, beh, incredibile, ti sorridono e dicono “buongiorno prof”, che io invece ci sono delle volte che entro in classe e mi sento trasparente, che entro ed esco tre quattro volte dall’aula nella speranza che qualcuno mi saluti, ma al limite quello che ottengo è un “ah, prof, ma c’è anche lei”. A meno che non sia prevista una verifica: in quel caso loro sentono lo spostamento d’aria generato dal tuo intercedere quando sei ancora al piano terra e loro al terzo. Chiamiamoli pure super poteri.
Poi non è bello vederli lì nelle loro camerette? Vedere le mensole piene di peluche? Le pareti dalle tinte più improbabili? La foto della prima comunione alla parete? Il lampadario Ikea uguale al tuo? Il letto non ancora rifatto (e poi nel fotogramma successivo inspiegabilmente perfetto tipo camera d’albergo)?
Cosa? Il problema dei genitori che suggeriscono? Dite? Non so, i genitori sono troppo indaffarati… Cosa ne sa un genitore delle guerre napoleoniche, delle frazioni, del post-impressionismo… No, quelli sono i nonni, sono i nonni che al limite suggeriscono, sono i nonni che maneggiano di più i libri di testo. Santi nonni! E che suggeriscano, io faccio finta di niente…
Certo, oltre alle chicche ci sono gli inconvenienti. La connessione che va e viene? No, non mi riferivo a quella, la connessione c’è sempre ed è stratosferica in tutte le case del quartiere, sono gli alunni che si inventano all’occorrenza che va e viene, tipo quando fai una domanda a cui non sanno rispondere. Mi riferivo ad altri inconvenienti: l’aspirapolvere supersonico, il fratello piccolo che raglia, un genitore che parla al telefono urlando… Lo so, lo so, dovrebbero tutti disattivare il microfono. Io glielo faccio disattivare, ma dopo un po’ chiedo almeno a tre o quattro riattivarlo: ho bisogno di un po’ di brusio di sottofondo, tutto quel silenzio, la mia voce che rimbomba, non ce la faccio, è innaturale. E allora ben venga anche l’aspirapolvere.
E poi? Beh, poi ci sono delle cose che non cambiano proprio mai, sia a distanza che in classe:
“Prof posso andare in bagno, non ce la faccio proprio più, la prego?” “Ma sei a casa tua?! Potrò mai dirti di non andare in bagno?”
“Prof. ho dimenticato il quaderno” “Come sarebbe? Dimenticato dove??!! Siamo in quarantena!”
“Prof io il compito l’ho fatto ma non lo trovo” “Ma dove abiti, a Versailles??!!”
“Prof posso finire di fare colazione?” “…” (qui di solito resto senza parole, anzi ne approfitto e corro a prendere un biscotto anch’io)
Altre invece un pochino cambiano, ma proprio pochissimo:
“Prof ma che bel pigiama!” “Ma come ti permetti, questo è un pezzo trendissimo della mia collezione primavera-estate!”
“Prof ma è stata dalla parrucchiera?” “…” (anche in questo resto senza parole, forse perché fiuto una leggerissima presa in giro)
“Prof ma lo sa che anche mia mamma ha proprio quel modello di Bimby” “Scusate ragazzi, ma in cucina la connessione arriva meglio”
Potrei andare avanti per ore…
La didattica a distanza non è la scuola, però ci consente di ritrovarci ogni giorno, più o meno sorridenti, più o meno pettinati. Ci consente di mantenere un po’ di normalità in un periodo che ha dell’incredibile. Ci consente di andare avanti con il programma, e noi per programma intendiamo leggere poesie, parlare di libri, affrontare complicati problemi di matematica, risolvere enigmi grammaticali, apprezzare quadri, osservare il nostro pianeta, suonare uno strumento…
Lo schermo del pc, del tablet, del cellulare non è una barriera, ma il punto di incontro tra persone, grandi e meno grandi, che non avevano voglia di stare a rigirarsi i pollici, che a volte della scuola si lamentano, ma che della scuola hanno bisogno, così bisogno da sentirne la mancanza.
Sarà così fino a giugno? Spero tanto di no, ma se dovesse essere, si tratterà solo di aspettare un pochino di più prima di riabbracciarci tutti, per davvero e fortissimo.
Prof.ssa Marianna Munerotto
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La scuola non si ferma
La scuola non si ferma
ESSERE INSEGNANTI OGGI
Quando ho sentito per la prima volta la notizia della chiusura della scuola non ero ancora consapevole del forte cambiamento a cui dovevo far fronte.
Un cambiamento non solo in termini di competenze tecnologiche ma, soprattutto, di stile di vita quotidiana e lavorativa. L’emergenza mi ha messo di fronte, infatti, alla necessità di scoprirmi insegnante anche a distanza, trovando nuove interconnessioni, nuovi modi per colmare la “non presenza”.
Con tanti miei colleghi, abbiamo trasmesso informazioni, condiviso contenuti, file audio, video, ma soprattutto esperienze. Questo periodo così travagliato è vissuto da tutti noi con il desiderio di esserci per i ragazzi e la tecnologia si è rivelata un alleato potentissimo. Così, alla fine. tutti si sono messi in gioco, anche i più scettici, sperimentandosi in un bel gioco di squadra, a distanza. Telefoni bollenti, “ripetizioni” di tecnologia da parte dei colleghi più esperti, un moltiplicarsi di chat “fiume” e riunioni.
Ci siamo attivati quasi subito proponendo ai ragazzi di incontrarsi in Google Meet e la loro risposta è stata immediata: i ragazzi ne avevano bisogno, la solitudine e la noia li spingevano a cercare il contatto con la scuola e i loro compagni. Dalle chiacchiere iniziali siamo passati alle lezioni vere e proprie. Leggere, ripassare, chiarire dubbi, confrontare i propri compiti con quelli dei compagni, discutere di ciò che stiamo vivendo.
Mi sono chiesta se questa si possa davvero chiamare scuola.
Diciamo cose ovvie quando affermiamo che insegnare implica la presenza, gli sguardi, i movimenti. E’ una soluzione di emergenza che non può sostituire la classe vera. Ma la didattica prosegue grazie all’utilizzo dei dispositivi tecnologici e, anzi, ci permette di fare un balzo in avanti in tema di avanguardia pedagogica che richiede un modo diverso di comunicare e di insegnare.
Anche se a volte essere davanti a uno schermo a parlare, soli, ci fa sentire a disagio, dobbiamo cercare di trasformare quella lontananza in qualcosa di molto più vicino, facendo sentire la nostra a voce e mostrando il nostro volto. Non vogliamo stravolgere la scuola, ma solo cercare di non perderne l’essenza: il rapporto docente-alunno.
Seppur a distanza, la scuola è vicinanza, è stare uno accanto all’altro, è guardarsi, condividere vissuti ed emozioni. La scuola è la rassicurante quotidianità dei volti conosciuti; è sperimentazione di fallimenti e ripartenze; è autonomia, è resistenza.
Resistiamo, allora.
Prof.ssa Franca Guerra
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1. Esempio di didattica a distanza…da una professoressa
Esempio di didattica a distanza…da una professoressa
ESSERE INSEGNANTI OGGI
Insegnare al tempo del Coronavirus?
Ho provato a mettere insieme digitale e apprendimento autentico! Quindi, in un momento difficile come questo, in cui e’ impossibile fare lezione frontale (“Prof. non sento!” “Prof. non vedo la presentazione!” ?) e in cui un accumulo di informazioni non provoca certamente apprendimento, l’idea e’ stata quella di far esplorare, condividere e creare qualcosa di nuovo.
I temi che ho scelto sono autentici, legati alla programmazione scolastica ma in maniera più coinvolgente e consistente, capaci, cioè, di attivare i ragazzi dal punto di vista cognitivo e cooperativo. Ad esempio, abbiamo utilizzato dati per analizzare la realtà, provato ad argomentare in maniera più coinvolgente, dato risposte alle nostre letture (vd. immagine), utilizzato i videogiochi per imparare. Per quanto riguarda il primo tema e il suo utilizzo nella disciplina geografia in una classe seconda, e’ stato possibile, con il software online Canva , far lavorare gli studenti in modo, per l’appunto, creativo: in tempo di #iorestoacasa abbiamo realizzato delle cartoline di promozione turistica di un Paese europeo oppure abbiamo lavorato alla progettazione di infografiche.
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CORONADIARIO DELLA 5B MARIA LUIGIA
CORONADIARIO DELLA 5B MARIA LUIGIA23 Febbraio - 8 Aprile:
I RE E LE REGINE SIAMO NOI
ESSERE INSEGNANTI OGGI
Da un giorno all’altro e senza che niente lo facesse immaginare, ci siamo trovati a casa invece che a scuola. La prima settimana ci ha fatto tutto sommato comodo: eravamo eccitati ma spossati dall’allestimento di un memorabile spettacolo nello storico teatro della nostra scuola: LA SAGA DELLE 27 OPERE DI VERDI, nella quale abbiamo messo in scena tutte le opere del grande Giuseppe Verdi impersonando Giovanna d’Arco, Attila, Oberto Conte di San Bonifacio, Aida, Rigoletto, Otello e tutti gli altri personaggi delle opere verdiane. Eccoci quindi a casa, prima ancora della pandemia, con tanta nostalgia l’uno dell’altro e il desiderio di TENERCI IN CONTATTO. Detto e fatto: chat di gruppo, videochiamate, telefonate e scambio non solo di semplici messaggi ma, soprattutto, condivisione di tutti i lavoretti e le iniziative che abbiamo iniziato a portare avanti insieme. Quale momento migliore per esternare le nostre sensazioni, le nostre emozioni e, perché no, i nostri talenti? Abbiamo pensato, in linea col percorso fatto in questi cinque anni, di affidarci alla forza della scrittura per intraprendere un viaggio interiore personale e, in contemporanea, di classe ed esternare i nostri sentimenti anche per vincere la paura. Anche disegnare è un momento creativo che ci ha aiutato allo stesso modo della scrittura.
Maestra Barbara Mondelli
Lo Yoga a Scuola alla Primaria Martiri di Cefalonia
Lo Yoga a Scuolaalla Primaria Martiri di Cefalonia
A cura delle maestre Antonella Carcelli e Rita Bellaveglia
CRESCERE IN ARMONIA
Nella nostra classe da tempo avvertivamo il bisogno di trovare strade diverse per “raggiungere” i nostri bambini. Bambini come tanti, figli di questi nostri tempi frenetici, nevrotici, schizofrenici… Bambini disorientati che spesso non sanno dove posare il loro sguardo, il loro cuore, la loro fiducia…
Avevamo già colto in loro il desiderio di fermarsi, di placare l’ansia, di sospendere il giudizio degli altri su ciò che sono…
Siamo così giunte alla conclusione che gli strumenti della nostra azione educativa non bastano più, ci servono altri approcci, altre parole, altre relazioni, forse altri valori.
Da qui la decisione di partecipare al corso proposto dai Servizi Educativi del Comune di Parma “Lo Yoga a scuola”.
Il Corso, condotto con competenza, pazienza e tanta comprensione da Sarita (Sara Manferdini) e Didi (Maria Rosa Terzi) è stata una valida occasione per trovare risposte significative e pregnanti al bisogno di rinnovare la nostra relazione con i bambini.
Poche lezioni non sono sufficienti per apprendere gli insegnamenti dello Yoga, questo no di certo, ma sono utili per intravedere nuove opportunità, nuove modalità d’interazione, nuove strade…appunto.
Lo Yoga aiuta i bambini a stare bene con se stessi e gli altri, li aiuta a riconoscere le emozioni e a governarle, libera la loro mente e stempera le paure…
Ed è questo che rende migliore e più incisivo il loro star bene a scuola.
La mattina del 4 febbraio, Sarita è venuta a trovarci a scuola. L’incontro si è svolto presso la nostra biblioteca, La Baia del Re. I bambini hanno vissuto questo momento con grande disponibilità, mettendosi alla prova e cercando di dare il meglio di sé. Hanno ascoltato, sono stati ascoltati, hanno eseguito le posizioni, hanno dato attenzione al loro respiro, hanno lavorato con l’ immaginazione, si sono rilassati e concentrati, condiviso le emozioni.
C’era armonia, finalmente!!
Che bello sarebbe poterla ritrovare dentro le nostre classi quell’armonia!!
Siamo consapevoli che il cammino sarà ancora lungo e accidentato, ma siamo anche certe che l’introduzione di semplici pratiche yoga nell’attività scolastica favorirà la crescita sana e serena dei nostri bambini!
Maestre
Antonella Carcelli
Rita Bellaveglia(Classe 4B – Scuola Primaria Martiri di Cefalonia Parma)
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L'Open day 2020 dell'Università di Parma è on line
L'Open day 2020dell'Università di Parma
IL Saluto del Rettore
Prof. Paolo Andrei
IL TUO FUTURO COMINCIA ADESSO
Nonostante l’emergenza, il futuro non si ferma. Dal 2 Aprile l’Università di Parma apre virtualmente le porte alle future matricole. Sul sito Il mondo che ti aspetta dalle ore 9 del 2 aprile, troverai i video di presentazione dei corsi di studio 2020-21, realizzati dai docenti, insieme a guide, materiale informativo e notizie relative all’apertura delle immatricolazioni, già fissata per il 16 luglio. https://ilmondochetiaspetta.unipr.it/
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Esperienza forma di sapere profondo
Esperienza forma di sapere profondo
SENTIRSI BENE A SCUOLA
Ci sono tanti modi di fare scuola. Le esperienze raccolte in questo video, con il Progetto Melting Pot di cui il Comune di Parma è partner, testimoniano il valore di momenti di apprendimento fuori dalla classe. Apprendimenti che lasciano il segno, su cui poter investire per la costruzione della propria identità.
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UNA ESPERIENZA DA CONTINUARE...
UNA ESPERIENZA DA CONTINUARE...
CRESCERE IN ARMONIA
Questa di cui vi parlo oggi è una breve esperienza che avrei voluto continuare e, spero accada nella classe 2B scuola primaria Cocconi, ist.c. Parmigianino di Parma.
Ho frequentato con gioia, curiosità e desiderio di “imparare per fare e per essere“, per me ed i bambini che ho quest’anno e che avrò in futuro, ascolto, ricerca di armonia interna, giochi con gli animali e la loro energia, usar la voce e le sue frequenze per ricaricarsi dopo tanto tempo seduti o, semplicemente, con il desiderio di evadere, sognare, sentirsi liberi ed uniti all’amore di tutto l’Universo che ci abbraccia.. con semplicità.
Con semplicità accetto l’invito di scrivere qui.
Quest’anno in questa classe 2B oltre ad esser docente di musica sono anche docente di arte, ma come spesso accade, queste discipline vengono calendarizzate nelle ore del pomeriggio quando i bambini alunni sono già stanchi dopo ore ed ore seduti e con la richiesta fatta loro di tempi di attenzione, di silenzio, di star seduti.. così può capitare che alcuni bambini facciano fatica ad aver tempi adeguati di concentrazione, attenzione come gli altri seppur amano ascoltare , far musica, realizzare attività di musica ed arte.
Cosa ho proposto? Un pomeriggio dalle 14,30 alle 16,30 ero appunto nell’aula di questa classe abbastanza turbolenta e con un bambino autistico certificato, ero anche in compresenza con una educatrice, ed ho sentito che era il momento giusto per cambiare modalità, interrompere la lezione e creare uno spazio-tempo nuovo; così ho proposto loro il ” gioco ” per sentire il corpo che respira”: chiudete gli occhi, facciamo insieme tre respironi, portiamo dentro di noi l’aria che stiamo respirando e poi la lasciamo andare via.
Adesso bambini ripetiamo questo esercizio, ma ad occhi chiusi , immaginiamo di portar dentro di noi, tutte le parti del nostro corpo (le mani, le braccia, la pancia, nel cuore, nei piedi…) tutto ciò che vi piace, che avete nel cassetto dei bei ricordi, immagini belle, poi invece quando espirate ossia gettate via l’aria, mandate via tutto quello che vi fa arrabbiare, che vi portate da casa o che da tempo è dentro una parte di ricordi che non vi piacciono, ora li gettiamo via !
E’ stato molto bello vedere la loro attenzione nel far questo esercizio, nel poter osservare il cambiamento nella espressione dei loro volti, nella luminosità dello sguardo, lo stupore, e il desiderio di dire, verbalizzare la esperienza.. poi ho chiesto di rappresentare con un disegno ciò che sentivano fosse importante anche da raccontare ai compagni, condividere.
La loro meraviglia è stata di sentirsi più forti, più concentrati e pronti per riprendere le lezioni in classe ed io ho potuto constatare che proprio quei bambini che dopo un poì sono fisicamente stanchi invece hanno portato a conclusione le attività proposte.
La seconda esperienza invece è stata incentrata sull’ascolto del battito del cuore, il proprio e quello del compagno; una terza esperienza è stata provare ” il gioco dell’equilibrio con il corpo”: erano davvero sorpresi nel vedere la loro maestra così brava a star ferma su un piede e tenere una gamba tesa indietro.. per tanto tempo, come dicevano loro, e ascoltare il silenzio.
Il bambino alunno autistico seppur ben inserito in classe ha detto con gioia che ha potuto sentire il mago silenzio per tanto tempo mentre stavamo giocando con questo modo nuovo…
Avevamo programmato una lezione intera, ma in palestra per motivi di organizzazione essendo la docente di yoga per bambini libera il martedì, purtroppo eravamo già a casa con questa situazione del coronavirus e, pertanto, chissà quando potremo attuarla.
Spero che questa breve mia esperienza e racconto possa esser utile per far capire che oggi i bambini hanno bisogno di esser educati ad ascoltare il proprio corpo-voce anima e sentirsi parte di un tutto che è l’Universo AMORE.
Anna Marchesani, primo livello insegnanti corso yoga per bambini docente sc. primaria, musicoterapeuta, practitioner Soul Voice I.T., musicista, scrittrice.